Don’t let the forest in, C.G. Drews.

Don’t let the forest in, C.G. Drews.

A volte il buio non è un mostro da cui fuggire, ma un luogo in cui ritrovarsi — pezzo dopo pezzo, mano nella mano con chi riesce a vedere oltre le tue ombre.

La storia segue Andrew Perrault, uno studente dell’ultimo anno alla Wickwood Academy, che trova conforto nello scrivere fiabe oscure per il suo migliore amico, Thomas Rye, un artista dal talento inquietante. Al ritorno a scuola, Andrew nota cambiamenti preoccupanti in Thomas: i suoi genitori sono misteriosamente scomparsi e lui si presenta con macchie di sangue sulla manica, rifiutandosi di parlarne. Inoltre, Thomas sembra aver perso interesse nel disegnare le creature macabre ispirate alle storie di Andrew. Determinato a scoprire la verità, Andrew segue Thomas nella foresta proibita e lo sorprende mentre combatte contro un mostro uscito direttamente dai suoi disegni. Si rende conto che le illustrazioni di Thomas hanno preso vita e stanno minacciando chiunque si avvicini a loro. I due amici decidono di affrontare insieme queste creature ogni notte, ma man mano che il loro legame si intensifica, anche i mostri diventano più forti. Andrew inizia a temere che l’unico modo per fermare questa minaccia sia distruggere il suo stesso amico.

“Don’t Let the Forest In” di C.G. Drews non si legge. Si attraversa. Come un bosco stregato che respira e scricchiola sotto i nostri passi, questo dark fantasy ci inghiotte lentamente, fino a quando non ci si rende conto che non si è più lo stesso lettore che ha aperto la prima pagina.

Lo stile di Drews è una danza ipnotica di parole: evocativo, viscerale, a tratti macabro. Ogni frase è cesellata con una cura che fa male. Le immagini si attaccano alla pelle, le metafore graffiano, e quando pensiamo di aver capito dove ci stiamo dirigendo… la storia cambia direzione come un sussurro tra gli alberi.

Il mondo costruito in queste pagine è denso, tangibile, illustrato con tavole che non sono solo accompagnamento dell’edizione ma parte viva della narrazione. Ogni disegno sembra custodire un segreto, un non detto che si intreccia alla voce fragile e potente dei protagonisti.

E che protagonisti. Andrew e Thomas non sono solo una coppia queer, sono due anime spezzate che si riconoscono tra le crepe. Il loro amore è dolce e feroce insieme, nato tra le ombre del trauma, del bullismo, della lotta silenziosa per la propria identità. Ma è anche un amore che cura, che resiste, che grida quando il mondo li vorrebbe muti.

Drews affronta tematiche profonde come il disturbo post traumatico, la disparità sociale, la metabolizzazione del lutto, senza mai cadere nella retorica. Anzi, ci obbliga a guardarle negli occhi. A sentirle sulla pelle.

E poi c’è quel finale. Quel finale. Una chiusura tanto enigmatica quanto perfetta, che non offre tutte le risposte ma lascia il cuore colmo e lo sguardo perso a fissare il vuoto, come chi ha appena visto qualcosa di troppo grande per essere spiegato.

“Don’t Let the Forest In” è un’esperienza. È per chi ama perdersi, per chi non ha paura del buio, per chi sa che anche le favole più tetre sanno insegnare a sopravvivere.