“Non ci scambiamo nemmeno una parola di rimpianto, nemmeno un mi dispiace di perderti. Se a me non importa di andarmene, lui cerca di dimostrarmi che gliene importa ancora meno.”
Martha, ventiquattro anni, non ha mai perso la capacità che hanno i bambini di vedere le fate. Durante una vacanza incontra Mirko, un ragazzino enigmatico che la porta in un luogo fuori dal tempo: un’isola abitata da una tribù di indigeni, gli Wandut, dove Martha riscopre il gioco e la spensieratezza di quand’era bambina. Ma forse l’isola non è il paradiso che sembra e nemmeno lì si può sfuggire alle responsabilità e al dolore della vita “da grandi”. L’omicidio improvviso di un bambino riaccende un conflitto che sembrava essersi spento da tempo, tra gli Wandut e gli Invasori Bianchi. Martha dovrà capire da che parte schierarsi, con l’inarrestabile Mirko o l’affascinante Capitano James. E l’indecifrabile Gabe vorrà affiancarla in questa faida?
Un libro autoconclusivo che al suo interno racchiude un intero processo evolutivo. La nostalgia nei confronti dell’infanzia è la sensazione dominante durante tutta la lettura. Il rifiuto di abbandonare l’isola della spensieratezza in cambio della dura e disillusa realtà dell’età adulta. Lo stile immediato di Martina Tasso ricorda tanto le sceneggiature teatrali, delle quali si percepisce l’influenza soprattutto nella costruzione dei dialoghi. I capitoli brevi tengono alta l’attenzione e rendono la lettura leggera e scorrevole. Un mix di fantasia, avventura, purezza di pensiero e tenerezza, con un finale tutto da scoprire.
Consigliato a chi è alla ricerca di una favola moderna.
Un abbraccio, 3SOB.